Brianzecum

marzo 21, 2012

RESPONSABILITÀ DEL LAICATO*

Filed under: 1) ecumenismo — brianzecum @ 8:51 PM

INNOVAZIONI CONCILIARI E SFORZI CLERICALI DI NORMALIZZAZIONE

Popolo di Dio.  Prima il papa, poi i vescovi, il clero, i religiosi e infine i laici: questa la proposta di trattazione che i padri conciliari trovarono predisposta dai teologi vaticani per una costituzione dogmatica sulla chiesa (che poi sarà la Lumen gentium). I padri conciliari invertirono questo schema, impostato su tradizionali criteri gerarchici: così, dopo un capitolo introduttivo sul mistero della Trinità e della chiesa, cominciarono col tema innovativo del popolo di Dio. Tutti infatti appartengono al popolo di Dio, papa e vescovi compresi, ovviamente. Il termine è molto frequente nella bibbia ebraica e si riferisce appunto al popolo eletto, gli ebrei. Nel nuovo testamento è meno citato (solo nel vangelo di Luca, atti, lettere paoline e 1 Pietro) ma ha cambiato radicalmente di significato: non è più solo il popolo ebraico, ma è esteso a tutti gli uomini e tutte le religioni, purchè sinceri e non idolatri. Queste alcune qualità che la Lumen gentium riconosce al popolo di Dio: sacerdotale, in quanto partecipe, assieme ai sacerdoti ordinati, all’unico sacerdozio di Cristo (n.10); profetica, perché partecipe del servizio profetico dello stesso Messia (n.12); universale: “Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale” (n.13).

Unità e pluralismo.  Ed ecco il fondamento teologico dell’unità: “Cosìla Chiesa universale si presenta come un popolo che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (n.4). Un’unità in certo senso “plurale”. In effetti c’è nel cattolicesimo una tendenza originaria al pluralismo: grandi differenze già tra le prime chiese; non un solo vangelo ma 4 vangeli, non privi di differenze tra loro; non “sola fede” o “sole opere”, ma l’una e le altre; non solo scrittura o solo tradizione, ma entrambe… L’altra faccia del pluralismo è la tolleranza. La motivazione tradizionale contro le eresie era che l’errore non deve godere di diritti e visibilità. Si giustificava così il comportamento cattolico che nei paesi a maggioranza protestante chiedeva la libertà religiosa, mentre in quelli cattolici la osteggiava pesantemente. Il problema è stato superato dal concilio con la separazione tra l’errore e la persona che lo compie: questa va rispettata in quanto persona, indipendentemente dalle opinioni che professa.

Visione evolutiva.  Un altro apporto fondamentale del Concilio vaticano II è stata l’apertura ad una visione evolutiva della realtà, rispetto a quella precedente, che contemplava invece una realtà ecclesiale e umana prevalentemente statica, immutabile (come quella spesso attribuita alla visione islamica). Qui grande influenza ha avuto il pensiero del filosofo-scienziato Teilard de Chardin – tra i massimi pensatori dell’umanità. Egli si è sforzato di applicare nel campo umanistico-filosofico-religioso le teorie evoluzioniste, ormai verificate nel campo biologico: Dio ci sta davanti e ci chiama ad una crescita continua. L’adultità dovrebbe diventare un tema dominante anche nella predicazione (cfr. Criteri e modelli di adultità). Nessuno dopo il Concilio può opporsi alla crescita umana di donne, schiavi, indigeni e ogni altro gruppo sociale – che invece in precedenza veniva legittimamente discriminato. L’appello alla tradizione, spesso invocato (“si è sempre fatto così”) è stato chiaramente condannato da Gesù (ad es. in Mc 7) quando la tradizione si oppone all’uomo e alla sua crescita (ulteriori approfondimenti in TRADIZIONE ED EVOLUZIONE). La visione evolutiva può essere facilmente riscontrata nella Gaudium et spes e negli altri documenti conciliari.

La normalizzazione clericale,  di fronte a innovazioni di questo spessore, non è tardata. Un esempio può essere quello dell’ecumenismo, uno dei campi di riflessione più fecondi del concilio (detto appunto ecumenico). In campo cattolico vigeva da sempre l’idea unionista, secondo la quale la chiesa cattolica è una società perfetta, che non richiede modifiche o aggiornamenti. Le altre chiese cristiane saranno gradite e abbracciate se si convertono e tornano all’ovile, sotto l’autorità papale. La chiesa cattolica invece non ha bisogno di convertirsi, appunto perché perfetta. Il percorso ecumenico, evidentemente, è lungi da queste posizioni: comporta un camminare insieme, aiutandosi a crescere e a perfezionarsi alla luce del vangelo, che nessuna chiesa – realtà umana – riesce ad incarnare perfettamente. Così il cammino ecumenico si è fatto sempre più pesante, certe riunificazioni che sembravano ormai prossime (come quella con gli anglicani) sono svanite e ciascuna chiesa prosegue da sola in attesa di tempi migliori. Un altro esempio può essere quello di un problema che attraversa ormai tutte le chiese: l’ordinazione femminile. Non ci sono ostacoli di ordine teologico – salvo quello che Gesù era maschio: ma si rischierebbe l’eresia di affermare che, essendo maschio è venuto a salvare i soli maschi. Di fatto avviene, specie in Germania e altri paesi multireligiosi, che numerose donne cattoliche che si sentono vocate al sacerdozio, riescono a realizzare il loro sogno nelle confessioni protestanti, abbandonando il cattolicesimo. Analogo discorso vale per i preti sposati: non vi sono remore di ordine teologico, ma solo derivanti dalla tradizione, quella condannata da Gesù perché contraria alla crescita umana.

Chiesa come comunione:  è un concetto emerso dopo il concilio, che consente di delineare una proposta conclusiva. È nato proprio grazie alla collaborazione con la chiesa anglicana, la quale, nelle sue estensioni negli altri paesi del mondo (in particolare nel Commonwealth britannico) ha preferito chiamarsi appunto Comunione anglicana. È un tema stupendo perché unifica per la prima volta le 4 note della chiesa come confessata nel credo: una, santa, cattolica e apostolica. Una, perché unita in Dio. Santa, perché popolo sacerdotale che prega Dio a nome di tutta l’umanità. Cattolica, perché in unione con ogni persona del mondo e con tutto ciò che vi è di bene; questo carattere comporta anche un aspetto di regalità, in quanto a capo del regno (non di questo mondo) vi è Cristo, “maestro, re e sacerdote di tutti” (Lumen gentium n.13). Apostolica, infine, è la stessa precedente universalità, ma nel tempo, che unifica la chiesa del passato, presente e futuro; comprende anche un aspetto profetico, un compito di testimonianza alla verità, che viene sempre più conosciuta sotto l’azione dello Spirito Santo. L’idea di comunione ci consente di superare tante divisioni, perché tutto il popolo di Dio partecipa di questa vita di comunione. Tutti pertanto siamo responsabili di alimentarla, superando gli ostacoli clericali che troppo spesso vengono frapposti. Sarebbe urgente ad es. che i laici potessero avere almeno un luogo istituzionale per far sentire la propria voce in ambito ecclesiale.

*spunti dall’incontro con Giovanni Cereti al Meic di Lecco il 2 marzo 2012. Testo non rivisto dal relatore.

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