Brianzecum

luglio 29, 2008

PACE E LAICITÀ TRA DERIVE CLERICALI E LAICISTE*

RADICI BIBLICHE E INTUIZIONI DI BONHOEFFER

Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio (Mt 22,21): questa risposta lapidaria di Gesù ai farisei, che lo insidiavano sulla liceità di pagare il tributo all’imperatore, viene spesso considerata la radice lontana della laicità. Forse non era questa l’intenzione di Gesù, che voleva soltanto sottrarsi al tranello dei farisei, ma già la distinzione operata dei due ambiti, politico (Cesare) e religioso (Dio), aveva un valore dirompente in quei tempi, in cui spesso si attribuivano qualità divine ai regnanti. In seguito, specie dopo la svolta costantiniana, il cristianesimo è andato acquisendo una forte istituzionalizzazione gerarchica, che lo poneva inevitabilmente in posizione dialettica col potere politico. Di fatto nella storia bimillenaria della chiesa i rapporti con i poteri politici sono risultati piuttosto conflittuali. Si sono avuti periodi di cesaropapismo, nei quali papi e vescovi venivano nominati dall’imperatore – considerato quindi superiore – e periodi di teocrazia, quando viceversa il potere papale era al di sopra, così da poter nominare i vertici politici. In ogni caso è ovvio che la dimensione del potere è estranea alla prospettiva religiosa e in particolare alla visione evangelica.

Le guerre di religione, che insanguinarono l’Europa nei secoli 16° e 17°, sono state l’occasione per giungere ad un chiarimento dell’idea di laicità. La religione, da fattore unificante (perché il papa era al di sopra delle parti) era diventato fattore di conflitto (il papa era una delle parti in causa). Si doveva quindi cercare a livello teorico altri fondamenti per una pacifica convivenza. Seguendo la generale tendenza umanistica si cercò la soluzione nell’uomo e in particolare si vide nella ragione il nuovo fattore unificante. Grozio, un credente che ha riflettuto a lungo sul diritto naturale e internazionale, ha suggerito di accantonare nella società politica ogni idea di Dio per evitare conflitti religiosi. Si può scoprire qui una fonte prossima della moderna laicità che può essere rozzamente indicata nel modo seguente.

L’ambito politico deve essere la casa di tutti, dove ciascuno possa sentirsi a proprio agio. Per evitare che credenti di altre religioni o non credenti si sentano a disagio nella casa comune, bisogna contenere l’esposizione di simboli religiosi non graditi e soprattutto non pretendere di giustificare le proprie scelte con argomenti di stampo religioso. Devono avere spazio soltanto giustificazioni di tipo razionale-umano. Ad es. non si potrà pretendere di bandire il vino perché lo vieta il corano, ma perché è dannoso alla salute, crea dipendenza o simili. Non vietare l’aborto perché Dio non lo vuole, ma perché contrario al diritto alla vita o psicologicamente dannoso. Neppure sembra possibile richiamarsi ad una legge naturale comune a tutti gli uomini, dato che in certi monoteismi, come l’Islam, prevale il contenuto della rivelazione sulla legge naturale. Il rispetto per l’altro, richiesto dalla laicità nella casa comune della politica, non è altro, a ben vedere, che un’applicazione del principio fondamentale di comportarsi con gli altri come vorremmo che gli altri si comportassero con noi. È l’atteggiamento di S. Francesco o, più di recente, di Charles de Foucauld, i quali nei confronti dei musulmani evitarono ogni forma di propaganda o proselitismo, limitandosi a testimoniare la propria fede.

La distinzione operata da Gesù tra ambito politico e religioso si è dunque rivelata sempre più necessaria nella storia e diventa essenziale nella moderna società pluralista. La vicenda delle guerre di religione ci può insegnare che in certe situazioni il valore della pace può essere anteposto all’affermazione della propria verità religiosa. Sembra inoltre da evitare l’affermazione della superiorità di uno dei due ambiti sull’altro. È ovvio che per un credente l’ambito religioso è più importante, ma nella casa comune della politica questa convinzione va accantonata proprio per rispettare le convinzioni di chi non crede o crede diversamente. Se si vuole imporre la superiorità dell’ambito religioso su quello civile si può cadere nel clericalismo, cioè una degenerazione della religiosità. Se invece si pretende di sottovalutare o negare l’ambito religioso si cade nel laicismo, cioè una degenerazione della laicità.

Il teologo Dietrich Bonhoeffer – in un critico momento prima della sua impiccagione per aver cospirato contro il regime nazista – ha intuito che il principio di laicità non è soltanto un mezzo per raggiungere il fine della pace, ma può pure avere un fondamento teologico: la presenza-assenza di Cristo dopo la resurrezione, che ci richiama all’impegno e alla nostra responsabilità nel mondo. “Il Dio che è con noi, è il Dio che ci abbandona. (..) Dio si lascia scacciare dal mondo, sulla croce, Dio è impotente e debole nel mondo e così e soltanto così rimane con noi e ci aiuta.” Se esiste questo fondamento teologico, l’idea di laicità potrebbe avere un’applicabilità assai più ampia: non solo alla politica, ma, ad es. alla famiglia, alla scienza, ecc.


* Scheda tratta in prevalenza dalla settimana estiva di Motta 2006, sulla laicità, organizzata dalla Comunità di via Sambuco 13, Milano.

[1] D. Bonhoeffer, Resistenza e resa, lettera del 16-7-1944.

Per riflettere:

-la dialettica tra ambito politico e ambito religioso;

-tra cesaropapismo e teocrazia;

-guerre di religione;

-politica come casa di tutti;

-tra clericalismo e laicismo;

-rispetto per l’altro che non crede;

-debolezza di Dio.


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