Brianzecum

marzo 4, 2009

ESISTE ANCORA LA NATURA?*

UTILITÀ E AMBIGUITÀ DI UN’ANTICA IDEA

La crescita delle informazioni, delle conoscenze, del pensiero, in breve, della cultura e del progresso, spinge molti a ritenere ormai inesistente, o comunque inutile, il richiamo alla natura. L’idea di natura è infatti assai complesso e mutevole, così da dar adito a interpretazioni divergenti, ambigue, contraddittorie. Anche in ambiti assai qualificati e autorevoli, come la Pontificia accademia delle scienze, si è ben lungi dal registrare in proposito convergenze di pareri.[1] Tuttavia, sia in diversi rami delle discipline scientifiche e umanistiche, sia nella pratica quotidiana di ciascuno di noi, l’idea di natura sembra assai feconda, utile per progredire. Si tratta, evidentemente, di definire limiti e ambiti di applicazione. Possiamo cominciare con alcuni esempi concreti.

In economia il ricorso alla natura fu attuato nei secoli 18° e 19° dai primi economisti, detti classici, proprio allo scopo di dare una veste scientifica a quella che in precedenza era considerata una branca della filosofia o della morale: i rapporti dell’uomo con le cose e i bisogni. La riflessione sistematica su questi temi, che risale all’età antica, dava largo spazio alla volontà dell’uomo e non pensava che questa potesse essere intaccata da un ordine economico naturale sovrastante. Oggi, anche se la prevalenza degli economisti si ispira ancora all’ordine naturale dei classici, pur con significative varianti (corrente neo classica), non mancano agguerrite correnti neo volontaristiche, secondo le quali si riconosce la capacità della volontà umana di realizzare un ordine economico razionale non previsto né imposto dalla natura, pur non nascondendo “certe resistenze naturali che limitano l’arbitrio umano.”[2]

Ed ecco alcuni temi portati avanti dagli economisti classici. Parlarono ad es. di salario di sussistenza, al di sotto del quale i salariati morirebbero di fame, come livello normale o naturale in un’economia di mercato. Se infatti le remunerazioni degli operai salissero al di sopra di quel livello, essi avrebbero avuto più figli e, nel lungo periodo, sarebbe aumentata l’offerta di salariati, spingendo in basso il loro prezzo, cioè il salario. Analogamente i classici hanno indicato nel costo di produzione il livello “naturale” del prezzo dei beni prodotti. A differenza della rozzezza e inumanità della precedente idea di salario di sussistenza, sarebbe bene riscoprire e rivalutare quest’ultima idea della tendenziale uguaglianza tra prezzo e costo di produzione. Oggi infatti molti prodotti tecnologici, avendo un alto contenuto immateriale, si prestano a speculazioni e scambi ineguali col mondo povero, se si prescinde dal costo di produzione, come vorrebbero le teorie neo classiche. Un ultimo esempio può essere tratto dall’idea neo classica di saggio di disoccupazione naturale, quella che consentirebbe di evitare l’inflazione. Poiché ci sono le possibilità tecnico economiche di eliminare completamente la disoccupazione, poiché questa è un danno gravissimo a livello umano, prima ancora che economico, va respinta radicalmente questa idea di disoccupazione naturale: accettarla significherebbe porre l’uomo al servizio dell’economia, anziché viceversa. In ogni caso va sottolineato che non si può applicare l’idea obbligante di natura alle istituzioni umane (lo sono, ad es. mercato e capitalismo), dato che in esse la volontà dell’uomo è prevalente; al contrario deve essere impegno di tutti lo sforzo per migliorare qualità, umanità ed efficacia delle istituzioni stesse.

In svariati campi anche di interesse quotidiano è stata applicata l’idea di natura, talvolta proficuamente, talaltra meno. Sull’idea di famiglia, ad es. gli antropologi hanno trovato una varietà di modelli che rende arduo ritenere “naturale” il modello prevalente da noi, costituito da un uomo, una donna e i loro figli. In certi popoli tribali ad es. scompare il padre naturale e le sue funzioni verso i figli sono sostituite dal fratello della madre o altre figure. Da noi in questo campo abbiamo assistito nella pratica degli ultimi decenni al passaggio dalla sottolineatura dell’istituzione matrimoniale come vincolo esterno civile o religioso, alla sottolineatura di quella che può essere considerata la natura del matrimonio: l’amore tra i coniugi. Si tratta di partire dalle persone anziché dalle istituzioni. In questo caso oggi forse andrebbe rivalutato anche il valore della istituzione perché la dialettica natura-istituzione è di solito feconda e consente progressi reali. Al di fuori della famiglia si potrebbero ricordare i progressi resi possibili dall’idea che esistono diritti naturali dell’uomo (dichiarazioni universali, diritto costituzionale..), oppure, in tutt’altro settore, l’alterazione degli equilibri climatici planetari conseguenti al mancato rispetto della natura morfologica del pianeta, che ha impiegato miliardi di anni per sottrarre dall’atmosfera quei gas serra che oggi noi vi rigettiamo spensieratamente, nel giro di pochi decenni, bruciando i fossili.

Nel campo della salute può essere portato un ultimo importante esempio della fecondità del tema della natura. Un enorme vantaggio si potrebbe ottenere se, anziché curare le singole malattie una volta manifestatesi, si riuscisse a potenziare le difese immunologiche “naturali” nei confronti delle diverse aggressioni esterne, di cui ogni organismo è dotato fin dall’origine. Questo potenziamento, del resto, è già implicito nello stesso concetto di salute elaborato dall’OMS, come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale” e non semplice assenza di patologie. Si può ritenere che le medicine usuali non operino nel senso del potenziamento delle difese generiche naturali, ma spesso le deprimano: così che, dopo la guarigione grazie ad es. agli antibiotici, si può cadere in altre malattie. Se è vero che, sul piano fisico, il potenziamento delle difese passa principalmente dalla flora batterica (detta eubiotica) che alberga nell’organismo, in particolare nell’intestino, è ovvio che il fattore principale della salute vada ricercato in ciò che più influenza la flora intestinale stessa, cioè la quantità e qualità dell’alimentazione. Senza dimenticare peraltro il fondamentale fattore psichico, nonché – ciò che riassume tutto – la qualità della vita. A tal fine può servire non solo l’osservazione della natura (ad es. l’approfondimento della anatomia comparata tra uomini e animali in relazione al cibo, la non naturalità di molte sostanze che il mondo moderno ci propina), ma anche la saggezza delle diverse tradizioni alimentari, createsi nel corso dei secoli, quando le conoscenze scientifiche erano assai meno progredite di oggi e la conservazione della salute era spesso questione di vita o di morte.

In definitiva questi fugaci esempi mostrano quanto spesso l’osservazione della natura non vada disgiunta da saggezza, tradizione, buon senso. Questi costituiscono l’altra polarità da cui il progresso e il pensiero teorico non devono prescindere se vogliono essere efficaci e favorevoli all’uomo. Se oggi costatiamo macroscopiche incongruenze nello sviluppo economico e scientifico, come quelle sopra accennate (squilibri economici, effetto serra, diffusione delle malattie del benessere nel mondo ricco, della fame altrove..) è forse proprio perché è stata dimenticata quella polarità da parte della scienza, ma anche dei nostri comportamenti quotidiani – guidati dalla pubblicità più che dalla saggezza e dall’osservazione della natura. Siamo abbagliati dal progresso e trascuriamo la crescita umana, dalla scienza anziché dalla saggezza. Il progresso è diventato forse la più potente delle ideologie nascoste – se non addirittura un’idolatria – e va compensato con la polarità di natura e tradizione.

*Da un incontro familiare con la partecipazione di economisti (Pasinetti, Brenna, Frey, Reati), don Alberto Sacco, imprenditori (Gavazzi), giuristi (Bellavite) il 30-8-08 in casa De Carlini.


[1] Changing concepts of nature at the turn of the millennium. Plenary Session, 26-29 October 1998, Vatican   City, 2000, pp. 340.
[2] A. Fanfani, Storia delle dottrine economiche, in: Dizionario di economia politica, Ed. di Comunità, Milano 1956, pag. 1623.

Per riflettere:

-ambiguità dell’idea di natura anche campo filosofico e scientifico;

-in economia potrebbe essere utilmente recuperata nella teoria del valore;

-ma non per avallare il liberismo o la disoccupazione;

-in antropologia non esiste un modello univoco di famiglia;

-la dialettica natura-istituzione è feconda;

-il riconoscimento dei diritti naturali dell’uomo sono un grosso progresso dell’umanità;

-nel campo della salute riscoprire la natura potrebbe apportare vantaggi impensabili;

-saggezza delle tradizioni alimentari;

-natura e tradizione per vincere le ideologie nascoste.



1 commento »

  1. […] Esiste ancora la natura? Basi teoriche per una rivalutazione della natura? Quale percorso evolutivo nella natura? Strategia localista contro la mercificazione della vita Violentare o imitare la natura? Colonizzazione del tempo Colonizzazione della terra Fine delle ideologie? Salute dell’uomo e salute del pianeta Funzione strategica di cibo e foreste Quando un’ideologia pretende di essere naturale Il clima nelle mani di apprendisti stregoni […]

    Pingback di ELENCO COMPLETO DEL MATERIALE DEL SITO « Brianzecum — ottobre 5, 2010 @ 2:32 PM


RSS feed for comments on this post. TrackBack URI

Lascia un commento

Blog su WordPress.com.